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Le ultime due foto e la roccia con la statua sono di Cesarò, mentre quella della prima foto è il Castello di Gagliano Castelferrato.
Gagliano Castelferrato è attraversato dalla Strada Provinciale che da Agira conduce a Troina, l’abitato di Gagliano sorge in provincia di Enna, nella media valle del fiume Salso, un tempo parte meridionale del Val Demone. Il Salso Cimarosa o Sugara è un fiume della Sicilia orientale che scorre interamente nel territorio della Provincia di Enna, nasce dai monti Nebrodi, ha origine da monte Pizzo Gallo in territorio di Nicosia e dopo aver attraversato i territori dei comuni di Agira, Regalbuto, Gagliano Castelferrato e Centuripe diventa tributario di destra del Fiume Simeto e lungo il suo corso superiore sbarrato da una diga all'altezza di Regalbuto, forma il grande Lago di Pozzillo. Come il suo omonimo, il fiume Salso (o Imera Meridionale) tra il territorio di Caltanissetta ed Enna, (però il primo è un affluente del Fiume Simeto), mentre il Bacino del Fiume Salso o Imera meridionale ricade nel versante meridionale della Sicilia ed è il secondo per grandezza con i suoi 2.000 Kmq; il suo sviluppo preferenziale è in senso nord-sud, dalle Madonie (a 1912 metri s.l.m.) al Mar Mediterraneo, dove sfocia alla periferia orientale dell’abitato di Licata.
Come mai questi due Fiumi allora li hanno battezzati entrambi con lo stesso primo nome, visto che nascono e sfociano in due territori completamente diversi?
Il paese di Gagliano è adagiato ai piedi di una grande roccia, a quota 651 metri, mentre le creste della stessa sfiorano quasi gli 800 metri d’altezza. Lo sperone roccioso, circondato da colline, permetteva il controllo della vallata che degrada fino a 380 metri di quota.
Abitato fin dai tempi più remoti, come testimoniano le diverse necropoli scavate nella roccia ed i numerosi affioramenti di materiale ceramico, il territorio di Gagliano divenne sede di un insediamento stabile nell’area costituita dal grande massiccio roccioso, utilizzato successivamente come castello residenziale fortificato, sicuramente fin dal periodo bizantino, con finalità strategico-difensive. I Musulmani legarono il nome di tale sito a “ruqqah”, la “fortezza”, ed a “qal’at”, la “rocca”; successivamente, i Normanni ampliarono e potenziarono il fortilizio realizzando delle strutture murarie all’interno dell’imponente complesso.
Il significato del nome “Gagliano” può essere ricondotto a “Galarìa”, dal greco “gála” = “latte” e “riòs” = “rivo” o “torrente”, pertanto fiume di latte o fiume bianco, poiché nelle vicinanze il fiume Salso si presenta ricco di sali potassici. Altra ipotesi farebbe derivare tale nome dal latino “Gallianum”, costituito da “Gallius”, nome personale latino, e dal suffisso prediale “-anu” che lascerebbe pensare ad uno dei tanti latifondi di proprietà di famiglie romane. Per ricordare l’imponente castello posto sulla rupe “di ferro”, al nome Gagliano fu aggiunto “Castelferrato”, ufficializzato in tempi recenti, precisamente nel 1862, anche perché l’abitato è stato da sempre in simbiosi alla sua rocca.
Le prime attestazioni sul nome “Gagliano”, ad oggi conosciute, risalgono al 1081, quando territorio ed abitato sono compresi nella diocesi di Troina ed il toponimo è “Galianum”; più tardi, nel 1142, si riscontrano le forme “Gallianum”, Gallianon” e “Galianon”. Edrisi fa menzione di “gallîânah”, mentre nelle decime del 1308 è indicato “Gaglanum” (“castrum” e “terra”), anche se nel 1366 è attestato come “casale”. Nel 1408 è riscontrato con “Castrum Gagliani” e le menzioni di terra e castello rimangono le stesse fino al XVII secolo, periodo in cui la fortezza sarà definitivamente abbandonata.
Accanto all’insediamento rupestre si conserva l’agglomerato rurale costituito da semplici abitazioni in muratura. Tale impianto sorge, infatti, nella parte sottostante il castello; esso è tipicamente medievale. Risalirebbe ai secoli XI-XII l’edificazione della chiesa madre, dedicata al patrono S. Cataldo, rimaneggiata più volte, in particolare sul finire del XVI secolo, nella quale spiccano un pregevole campanile con cuspide maiolicata ed un elegante portale-prospetto datato 1589 con le insegne delle famiglie Galletti e Centelles.
L’enorme complesso roccioso, costituito da tre rupi poste molto vicine tra esse, ha occupato una posizione strategica, tanto da svilupparsi attraverso una serie di ambienti ipogei, un vero e proprio habitat grottale, situato a quote differenti. Certamente, parte di tali ambienti erano destinati a magazzini e depositi di derrate alimentari, soprattutto cereali, mentre un razionale sistema di raccolta delle acque piovane, diffuso per tutta l’area del castello, riusciva ad alimentare parecchi pozzi e cisterne, al fine di permettere agli abitanti di resistere per lunghi periodi all’assedio di eventuali nemici.
Dalla cosiddetta “Porta Falsa” (il cui secondo termine sarebbe da ricondurre a “fàusa” e da questo a “balza” = “rocca scoscesa”), si supera la prima cinta muraria, quella più esterna e, forse, la più recente, posta proprio ai piedi della rupe, per proseguire in salita lungo un ripido sentiero a gradini intagliati nella pietra, il quale permette di raggiungere un secondo ingresso che dà l’accesso al nucleo centrale del “kástron” bizantino o del “castrum” normanno, il “luogo forte”, il cuore del castello di Gagliano.
Ricavati nella roccia vi sono diversi posti abitativi e di difesa del passato.
Uno dei tanti ambienti doveva accogliere il cosiddetto “centìmulo”, macina girevole azionata manualmente o mossa dalla forza animale (es. da muli), impiegata nella molitura dei cereali.
Il paese è menzionato dal Fazello come un <> e Vito Amico riporta che la rocca possedeva <>, tutte incavate per massima parte nella roccia. Nello spazio tra due di queste rupi a strapiombo venne realizzato un edificio in muratura, a pianta rettangolare ed a diverse elevazioni, e dove ancora, nella parte basale si possono scorgere alcune incavature che servivano per collocare le giare dell’olio.
Nei pressi del castello sorgeva pure un’antichissima chiesa rupestre dedicata a S. Pietro, la quale risulta testimonianza di una persistente devozione popolare, poiché il sito s’inserisce nel contesto di un’area precristiana e di una necropoli.
All’inizio dell’età moderna, nel 1515, Almerico Centelles si investe della terra e castello ed un suo successore, nel 1561, riceve da Filippo II il titolo di conte. Seguono nel Seicento le famiglie dei Galletti e dei Castelli.
La roccia arenaria, facilmente lavorabile, permise la realizzazione di un cospicuo numero di palmenti o pigiatoi, vasche impiegate nella pigiatura e nella lavorazione dell’uva sullo stesso luogo di coltivazione della vite.
Questo castello qualche domenica è da visitare, come tanti altri bellissimi posti di quelle colline e di quei vicini luoghi.
Ogni sabato vi è il mercato come pure a Troina.
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