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Gli ultimi Cani di Mannara o Cani da Pastori Siciliani

Ultimo Aggiornamento: 08/01/2022 21:14
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Il Cane di Mannara o Cane da Pastore Siciliano ed il Cane da Pastore Calabrese.
Columella è il primo autore che descrive il nostro Cane da pastore; per la verità non solo quello siciliano, ma anche quello calabrese,ad esso molto simile: “ il Cane custode della casa deve essere nero, poiché, durante il giorno, visto dal ladro con il suo aspetto incute maggiore timore e quando il ladro arriva nella notte si perde nell’oscurità in modo da restare inosservato e può aggredire senza prima essere visto.
La testa è cosi’ massiccia che si presenta come la parte più imponente del corpo, le orecchie sono cadenti e pendono verso davanti, gli occhi sono grigi, splendenti e penetranti, il petto è largo e villoso, gli arti anteriori potenti ed i posteriori ricoperti di peli spessi e lunghi.”
Columella e Varrone fanno una descrizione che ancora oggi è attuale ed evidenzia come quell’unico ceppo di Cani da guardia e da Pastori, si sono poi evoluti differenti tipi.Il Cane da Pastore Siciliano, proprio perché mai messo in selezione, corrisponde più degli altri alla prima descrizione. L’allevamento è affidato ai pastori, ma in questi ultimi anni la crisi della pastorizia ha ridotto il numero dei nostri Cani che attualmente sono confinati nelle zone collinari e montuose delle zone interne della Sicilia nelle provincie di Agrigento, Enna, Caltanissetta e Messina.
I colori sono il nero con piccola macchia bianca al petto, alla gola, alla testa ed alla punta della coda; bianchi anche i piedi che appaiono come calzati; esiste anche il tigrato, il grigio, il mogano il fulvo e il marrone scuro. Nel genotipo esistono tutti questi colori e anche da genitori neri nascono cuccioli dei vari colori.
I Cani hanno caratteristiche fisiche e comportamentali omogenee. Il Cane di Mannara o Cane da Pastore Siciliano è molto frugale e si mantiene in ottima forma mangiando soltanto il siero e pane duro.
I pastori hanno dato sempre importanza agli doppi speroni o singoli nelle zampe posteriori che considerano come segno che nell’ascendenza non ci sono incroci con altre razze.
Il Cane da Pastore Calabrese e Siciliano è descritto nel corso dei secoli da autori vari e oltre i citati Varrone e Columella, Eliano nel suo “ De natura animalium” cita il siracusano Ninfodoro, di cui non sappiamo quasi nulla tranne due iscrizioni del III secolo a.C. rinvenute ad Agrigento e a Licata e dice: “ In Sicilia vi è la città di Adrano, come dice Ninfodoro, e in questa città si trova il santuario d’Adrano…......Si trovano li dei Cani sacri, suoi servi e ministri, che superano in bellezza e grandezza i Cani molossi, e sono di numero non inferiore al migliaio. Ebbene, questi animali durante il giorno accolgono festosamente dimenando la coda i visitatori che si recano al santuario o al circostante banchetto sacro, e questo senza fare alcuna distinzione tra straniero o persone del luogo. Diverso è invece il loro comportamento durante la notte,quando essi accompagnano con grande benevolenza, a guisa di guide e di scorte, quelli già ubriachi e coloro che non si reggono in piedi lungo il cammino, riconducendoli ciascuno alla propria casa. Fanno però espirare il giusto castigo a coloro che nell’ubriachezza commettono empietà: difatti li assalgono e lacerano la loro veste, e a tal punto li fanno rinsavire. Ma sbranano in maniera crudelissima coloro che provano a rubare. “La testimonianza che cita è importante perché al di là dell’aspetto sacro: i Cani, ministri del Dio, hanno la capacità di riconoscere il comportamento empio e i ladri che rubano beni di proprietà del Dio, si descrive il tipico comportamento di tutti i Cani da Pastori: proteggere cioè gli oggetti buoni (le Pecore) e perseguire quelli cattivi (i Lupi) la descrizione è importante anche perché congiunge una caratteristica di alcune razze di soccorso con quella dei nostri Cani Pastore.
Quanti cani sacri dovevano essere comunque diffusi in tutta la Sicilia perché, sempre Eliano in un altro passo dello stesso libro, e poi nel suo “Peri ton en sikeliai” ci dice della città siciliana di Aitna e del santuario di Efesto “ con un recinto degli alberi sacri e un fuoco inestinguibile e incessante; intorno al santuario e al bosco vi sono dei Cani sacri, che accolgono festosamente scodinzolando coloro che si presentano al santuario e al bosco assennatamente, come si conviene ed è necessario, come a dimostrare benevolenza e quasi che li riconoscessero senza dubbio. Se invece qualcuno si trova in condizioni di impurità, allora lo mordono e lo lacerano, mentre cacciano soltanto via coloro che temerariamente giungono da una compagnia dissoluta.” Eliano non cita la fonte delle sue informazioni e probabilmente è sempre lo stesso Ninfodoro del III secolo a.C.”
Come i Cani di Adrano anche quelli di Efesto sono intermediari e agenti di Dio e questa qualità consente loro di riconoscere “senza ombra di dubbio la presenza dell’impurità”.
Nell’800 il naturalista Armando Lucifero sulla rivista di scienze naturali in un articolo intitolato “Mammalia Calabra” lo descrive cosi’: il Cane da Pastore Calabrese Siciliano è alto quanto il Cane di Terranova, a pelo lungo ondulato, coda sfioccata, orecchie corte ma penzolanti, mantello bruno-fulvo uniforme. Ha forma e robustezza non comune e sa servirsene nelle evenienze.”
Il prof. Giovanni Bonatti, biologo, scriveva nel 1954 sulla rivista diretta da Piero Scanziani “Cani di tutte le razze” di avere individuato due crani di Cani Pastore Siciliano in alcuni reperti osteologici canini dell’Età del bronzo e insieme a studiosi naturalisti tedeschi gira la Sicilia per greggi e mandrie facendone questa descrizione: “68 cm al garrese; nero con la gola di frequente bianca; il pelo è lungo e abbondante e generalmente ondulato oppure in riccioli larghi, forte ma non eccessivamente duro; è ben costruito, intelligentissimo, ubbidiente, poco esigente, facile ad apprendere, equilibrato ,dignitoso, guardiano impareggiabile, all’occasione aggressivo. Ha buona muscolatura e buona facilità di movimento, la testa è forte e armoniosa; le orecchie sono piccole, pendenti e inserite basse. E’ diverso da qualsiasi altra razza conosciuta.”
Nella nostra Isola per straordinari motivi sopravvivono le più antiche razze canine che vantano storia millenaria; di queste solo il Cirneco dell’Etna ha avuto cura e notorietà ma vale la pena considerare anche il “Cane di Mannara” e il “Corso”, termine che tutti conosciamo ma che pochi possono riferire ad animali realmente veduti.
Il recupero e riconoscimento dei nostri Cani, proprio nell’ambito di un’esposizione internazionale, sarebbe un’operazione culturale di grande fascino.
Per nostra fortuna esistono ancora oggi in alcuni posti, pochi esemplari presso le greggi dei pastori che continuano ad allevare in purezza e non per loro intenzione ma perché essendo Cani con una territorialità molto spiccata impediscono l’accesso alla mandria ad altri Cani estranei garantendo cosi’ alle femmine in calore accoppiamenti in razza. Va rilevato che altra caratteristica è il notevole dimorfismo sessuale e mentre per le femmine vale la misura di 68 cm data dal Bonatti, i maschi possono arrivare ad altezze molto superiori, sino al metro di altezza.
Da ultimo va descritto il movimento della coda a scimitarra sempre con la punta bianca che viene mossa energicamente e portata in movimento ad altezza della linea dorsale ed alta quando i nostri cani sono in attenzione. Molti Cani dell’antichità sia nella caccia che nella pastorizia, hanno sviluppato la punta della coda di un altro colore rispetto al manto del corpo in genere (bianca) per meglio farsi riconoscere e vedere dall’uomo anche da lontano alzando la coda, e lo stesso gene è quello che regola il colore delle zampe, del petto, del muso e della striscia sulla fronte. Come hanno sempre detto alcuni vecchi pastori è stato l’uomo a selezionare nelle figliate i cuccioli di Cani che avessero queste caratteristiche, specialmente per i nostri Cani di Mannara che ancora tutt’oggi hanno quasi tutti queste caratteristiche.
Negli anni passati in provincia di Palermo, sono stati allevati diversi esemplari, ricordiamo primo fra tutti il Generale Sammartino della Forestale che, nella sua villa di Pioppo, è arrivato ad averne più di 20 tra i quali un robusto maschio fulvo a nome Leone, alto circa un metro. Successivamente purtroppo tutti morti avvelenati.
Altri esemplari li hanno da sempre allevati i pastori e diversi contadini in diversi altri posti della nostra Isola, anche se in questi ultimi decenni i pastori ed i vecchi contadini sono diminuiti e la maggioranza dei nostri Cani di Mannara sono stati ibridati con Maremmani ed altre razze come Cani Lupi e veri Cani di Mannara originali e puri con le vecchie ed antiche caratteristiche, ne sono rimasti pochissimi e che stavano rischiando l’estinzione.
I Cani da Pastori Silani-Calabresi, hanno avuto alcune caratteristiche e sembianze con i nostri Cani di Mannara, li notavo spesse volte in alcune strade interpoderali dell’Aspromonte e della Sila insieme a mandrie di Capre e Pecore, quando facevo il militare in quelle bellissime zone pieni di tanta fauna e tanta natura dal 1973 al 1976.
Salvo A.
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